Prima di parlare della certificazione di parità di genere dobbiamo fare un passo indietro: cosa significa “parità di genere”?
Mi permetto di scomodare l’Unione Europea per questa definizione che trovo completa e comprensibile:
La parità di genere si riferisce alla parità tra donne e uomini rispetto ai loro diritti, trattamento, responsabilità, opportunità e risultati economici e sociali. La parità di genere si ottiene quando uomini e donne hanno gli stessi diritti, responsabilità e opportunità in tutti i settori della società e quando i diversi interessi, bisogni e priorità di uomini e donne sono ugualmente valutati. (Fonte)
Cosa ci dice questa definizione? Che quella che va equiparata è la possibilità concreta di uomini e donne in ambito lavorativo, e non solo, di godere di una parità di trattamento e opportunità.
Cosa non ci dice questa definizione? Che bisogna assumere donne per fare numero.
Adesso che abbiamo più o meno chiaro il concetto di parità di genere, caliamolo nel mondo lavorativo e occupiamoci delle certificazioni di parità di genere.
In Italia le certificazioni di parità di genere (UNI/PdR 125:2022) sono delle misure inserite nel PNRR e fanno parte della Missione 5 “Inclusione e Coesione”. Queste misure puntano ad accompagnare ed incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche, quali ad esempio, opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni e tutela della maternità (Fonte).
Cosa ci dice questa definizione? Che la certificazione mira a far fare un bell’esame di coscienza alle aziende e dare uno sguardo accurato agli snodi più critici in ambito di parità: le paghe, gli avanzamenti di carriera e la gestione della maternità (o forse sarebbe meglio dire genitorialità).
Cosa non ci dice questa definizione? Che bisogna assumere donne per far numero, anche se hanno la disgrazia di essere in età in cui potrebbero volere o avere un figlio (leggete il tono ironico ve ne prego).
Tutto chiaro fin qui? Bene, continuiamo.
Quali sono le aree che analizza la certificazione per la parità di genere?
Cultura e Strategia o Clima Aziendale
Qui si parla della creazione di un safe space (è una parola nuova? Qui c’è un glossario) in cui è possibile esprimersi, in cui viene utilizzato un linguaggio inclusivo e vengono rispettate le singole individualità.
Governance
Il genere di minoranza è rappresentato negli organi di indirizzo e controllo dell’organizzazione? Ci sono degli ostacoli a questo tipo di rappresentanza? Quest’area ricopre una valenza significativa perché oltre a parlare di presenza di organico al femminile si parla del suo peso negli organi apicali. Al netto dei consigli di amministrazione delle società quotate, che da statuto devono avere almeno ⅓ dei ruolo ricoperti da donne (genere meno rappresentato) il resto delle aziende presentano una percentuale molto bassa di donne, e giovani, in quelle posizioni.
Processo HR
Qui facciamo riferimento alla verifica che tutti i processi in ambito di risorse umane seguano i principi di inclusione, rispetto delle diversità e correttezza.
Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
Quest’area mira a misurare le opportunità di crescita concreta per le donne nell’azienda. Parliamo in modo più ampio dell’accesso delle persone, indipendentemente dal genere, a percorsi di carriera.
Equità remunerativa
Qui parliamo sia di gender pay gap (differenza retributiva in relazione al genere che vede statisticamente le donne molto svantaggiate) che dell’accesso a sistemi di welfare aziendali.
Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro
Cosa significa diventare genitori all’interno dell’azienda? Ci sono sufficienti azioni per sostenere ogni dipendente che voglia diventare genitore? Si applica tanto ai congedi di maternità e paternità che alle misure in campo per bambini e bambine più grandi.
Perché un’azienda dovrebbe certificarsi?
Bella domanda! Le motivazioni sono sostanzialmente due: etiche ed economiche.
Motivazioni etiche
Ovverosia tutte le motivazioni che fanno capo al grande concetto di giustizia sociale. Queste, se valutate assieme al miglioramento di immagine dovuto alla certificazione, permettono di attrarre e, soprattutto, trattenere dipendenti felici. Questo è particolarmente importante per la nuova generazione (GenZ) per cui queste tematiche sono essenziali nella scelta di un impiego1.
Motivazioni economiche
Per incoraggiare le aziende ad aderire alla certificazione di parità di genere sono infatti previsti dei meccanismi di incentivazione, quali:
- Sgravi contributivi
- Punti extra nel caso di proposte progettuali da parte dell’azienda (stato, UE, regioni…)
- Riduzione garanzia fideiussoria
(Vuoi andare nel dettaglio? Qui lo spiegano meglio)
Cosa può fare un’azienda per prepararsi alla certificazione di parità di genere?
Una certificazione è un momento di analisi. Significa coinvolgere un ente esterno incaricato di valutare un’azienda secondo le aree che abbiamo visto qui sopra. A questo punto ogni “abbiamo sempre fatto così” e ogni problematica mai veramente risolta viene a galla.
Cosa si può fare quindi per prepararsi al meglio a questo evento?
Analizzare i propri processi e avere uno stato dell’arte della situazione aziendale, facendosi alcune domande fondamentali:
- Qual è la ripartizione a livello di genere della forza lavoro?
- Le potenziali situazioni di criticità vengono evidenziate dalle persone coinvolte e risolte tempestivamente?
- Vengono perpetuate azioni o processi che tendono a marginalizzare parte del team?
- A livello aziendale c’è una conoscenza, almeno di base, delle buone pratiche di inclusività?
Investire nel welfare e nel well-being di lavoratrici e lavoratori
Questo può concretizzarsi sia in incentivi e premi economici, che in maggiore flessibilità negli orari, lavoro ibrido o smartworking. In pratica fare quanto possibile per far vivere le persone, oltre che lavorare.
Investire in formazione
Perché il punto di partenza per una realtà che poggi su solide basi è il grado di competenza di chi fa parte di quell’organizzazione. In questo senso, la formazione può essere finalizzata sia alla conoscenza delle norme giuridiche in tema di inclusività e parità di genere, sia alla condivisione di testimonianze e best practice di altre realtà con esempi pratici di inclusività. Questo genere di formazione può incentivare comportamenti rispettosi quotidiani per eradicare quelle pratiche che, pur se spesso involontarie, portano avanti stereotipi di genere e di processi, che non devono avere spazio nelle aziende moderne.
E a proposito di formazione…
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- Consulenza
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